"Poverty in the world is an artificial creation.
It doesn't belong to human civilization." M. Yunus

venerdì 30 aprile 2010

ONG, illegalità e morale


La sola esistenza del concetto di solidarietà, di ONG, di associazionismo, di beneficenza e del mondo del volontariato rappresenta di per sé il totale, imprescindibile fallimento dell’evoluzione umana.
Come operatori sociali, social project organizer, peacemaker abbiamo la responsabilità morale e materiale di prenderci cura della nostra specie. Ma questo compito non dovrebbe appartenere allo stato, alla comunità? Non è sancito nelle carte costituzionali di tutto il mondo la cura ed il mantenimento in salute fisica e mentale delle popolazioni? Questa grande vuoto istituzionale dimostra la cieca e limitata visione del mondo dei nostri contemporanei governi. Una visione corrotta, ottusa, contro natura: non sappiamo progredire, evolverci, non diamo valore alle
generazioni future e cerchiamo di succhiare tutto quello che questo stanco e usurpato pianeta sta producendo (produzione marginale ovvero stiamo per finire le risorse). Non sappiamo evolvere la nostra specie verso qualcosa di più alto da un lato e più profondo dall’altro. Il volontariato e il mondo del no-profit dovrebbe essere ritenuto immorale ed illegale perché dimostra l’incapacità delle pubbliche istituzioni di preservare la salute e la felicità dei cittadini che rappresenta.

Il fatto (o misfatto) che uno stato riconosca o che peggio deleghi un’organizzazione volontaria e privata ad adempiere a tutte quelle funzioni che moralmente gli appartengono consiste di per sé nell’aberrante fallimento dell’uomo pensante e della sua evoluzione, della vittoria della scimmia su questa contemporaneità, negando quelle naturale propensione alla vita tipica di qualunque specie vivente.

Stiamo vivendo dentro ad una contraddizione profonda, troppo complessa per non sentirne il disagio sulla pelle, sulla coscienza e sulla vita di tutti i giorni. Che “mostri” geneticamente modificati siamo diventati? Quale cieca ignoranza abbiamo abbracciato come unica e possibile?


Sono incredula, a pensarci bene. Intossicata e stordita da quella finta sensazione di aver scelto tutto nella vita. Cosa scegliamo noi, veramente, il dentifricio?




Paul Auwken ci dice che il pianeta sta reagendo e con Wiser Earth intende raccogliere tutte le realtà antagoniste e a favore di una crescita responsabile e sostenibile della vita. Il fiorire di queste realtà viene interpretato come un antidoto, come una risposta immunitaria alla follia collettiva dei consumi e del vivere costantemente in debito con la natura e coi nostri simili. Come quella piantina che salverà il mondo dalla colata di petrolio e cemento che lento ed inesorabile si sta mangiando la nostra esistenza. Come quel granello che blocca gli ingranaggi del sistema.


Al Gore aggiunge che in Italia il sistema giornalismo è troppo compresso con il “news business”, vittima consapevole della censura, della mal informazione, del controllo tentacolare della notizia, del qualunquismo mediatico. Da terzomondista brasiliana mi sembra di capire che il giornalismo italiano sia così
compromesso da non riconoscere più dove inizi la notizia e dove finisca la propaganda.

Muhammed Yunus, poi, ci ricorda: “Poverty is unnecessary, it’s an artificial creation that doesn’t belong to human civilization..” (la povertà non serve a nessuno, è una creazione artificiale che non appartiene alla civilizzazione dell’uomo). Una provocazione, una forzatura teorica di una semplicità imbarazzante. In un’ottica veramente macro la povertà è semplicemente inutile e viziosa (oltre che profondamente oltraggiosa per le nostre esistenze). Ci volete poveri, ci volete ignoranti. Ci volete inc
apaci di dispensare delle nostre vite per continuare a distrarci, isolarci e controllarci.
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Vivo fortemente i miei limiti e la contraddizione del mio lavoro. Iniziata con lo spirito della crocerossina ed evolutasi in una professione appassionante, stimolante, ad altissimo profilo umano, dopo anni di lavoro nel sociale continuo a trovare l’ispirazione per crescere e per imparare. Dopo aver setacciato la letteratura convenzionale ed antagonista sul tema, ho cominciato a guardarmi più vicino, scoprendo con gioia che sempre più spesso miei amici sono negli anni diventati i miei maestri. E poi più vicino ancora la mia famiglia: un mondo di conforto e sicurezza al quale, all’occorrenza, potersi affidare. Sono onorata dal circolo virtuoso vitale che mi accompagna, sostiene, incoraggia e che naturalmente poi si riprende tutto.

Lavorare in una ONG che si occupa di educazione e formazione di bambini e giovani “favelados” significa per me continuare a credere che la mia esistenza abbia il senso che volevo, che sentivo appartenermi.
Significa trovare il coraggio delle proprie scelte, senza falsi eroismi, asciutto e pratico come dovrebbe essere il no-profit (e da solo, l’argomento, varrebbe mille approfondimenti). Significa essere felice di quello che ho ed un modo per restituire all’universo un’energia positiva, propositiva, di cambiamento verso un concetto tutto mio di equa distribuzione di ricchezza e felicità. Significa poter guardare negli occhi mia figlia e dimostrarle che sto cercando di ridurre lo spazio fisico dell’inadeguatezza e della ferita che il nostro pianeta si trascina addosso. I nostri figli non fanno mai quello che dici loro ma imitano nel quotidiano delle loro giovani esistenze quello che fai… il mio lavoro è il mio modo di sentirmi trascinata dall’onda di speranza e pace che so tutti vorremmo. Non senza dubbi e contraddizioni. Ma con lo spirito guerriero di chi non si arrende! www.ilsorrisodeimieibimbi.org

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